Un mese in Francia da studentesse Erasmus+: il racconto di Anna e Sofia
Anna Giuliani e Sofia La Casa hanno studiato per un mese presso il Lycée Aristide Briand di Évreux, nell’ambito di una mobilità di lungo termine Erasmus+. Qui raccontano la loro esperienza.
Anna raccontaci qualcosa di te e di quest’esperienza…
L'esperienza Erasmus è un'opportunità per gli studenti di ampliare i propri orizzonti culturali, di crescere personalmente e di vivere un'avventura indimenticabile. L'uscita dalla propria comfort zone richiede indipendenza e adattabilità, però alla fine aiuta a sviluppare maggiore fiducia in sé stessi e a scoprire delle capacità che prima non si conoscevano. Mi chiamo Anna Giuliani e sono una studentessa del Liceo Mamiani di Pesaro, dove frequento la classe 4DL. Ho avuto la fortuna di partecipare al progetto Erasmus+ presso il Liceo Aristide Briand a Évreux, dal 4 marzo al 5 aprile 2025.
Com’è la scuola che ti ha accolto?
La scuola in Francia era organizzata diversamente dalla mia scuola d'origine, in Italia. Si trattava di una struttura immensa con sei edifici diversi di due o tre piani ciascuno, con un campo di atletica all'aperto e un porticato esterno. I corsi iniziavano alle 8:30 e terminavano alle 18:00, a differenza della scuola in Italia dove le ore di lezione sono cinque (dalle 8:10 alle 13:10) e consecutive, lì le ore di lezione avevano una cadenza diversa con pause pranzo e ricreazioni. Il sabato, a differenza della mia scuola, non si frequentava la scuola perciò i ragazzi potevano usufruire di questo giorno per riposarsi e per uscire insieme.
Cosa ti è piaciuto della scuola francese?
Ho frequentato lezioni molto interessanti, ad esempio, nelle ore di inglese, ho partecipato a debates in classe sulla pubblicazione dell'opera Lolita di Nabokov; durante il corso di spagnolo ho realizzato un cartellone sul tema del bullismo lavorando in gruppo con altri studenti. Nel laboratorio di scienze, invece, ho analizzato attraverso il computer la risonanza magnetica di un individuo per studiare la sua attività cerebrale. Mi è piaciuto particolarmente il fatto di cambiare aula alla fine di ogni corso perché è un modo per fare amicizia con persone sempre nuove. Inoltre, ho trovato molto interessante il dialogo continuo tra studente e insegnante perché permette all'alunno di essere più coinvolto e di apprendere meglio i contenuti delle lezioni. L'ambiente scolastico è molto attivo e dinamico, infatti organizza frequentemente degli spettacoli in cui si esibiscono numerosi studenti e offre la possibilità di iscriversi ad un laboratorio di arti plastiche.
Hai avuto la possibilità di visitare altre città e fare altre esperienze?
Oltre ad Évreux, ho visitato Parigi insieme alle altre ragazze della mobilità Erasmus, percorrendo gli Champs-Élysées, e Rouen, ammirando le numerose cattedrali. Invece, con la mia famiglia ospitante sono andata al museo del Louvre e a quello di Évreux che, anche se gratuito, offriva una mostra di dipinti stupendi. Inoltre, il medico che mi ha ospitato mi ha dato il privilegio di assistere a due dei suoi interventi in clinica ed è stata veramente una scoperta per me perché mi sono accorta che mi interessa particolarmente l'ambito della medicina; ho capito quanto mi piaccia mettermi al sevizio degli altri e vedere che gli altri stanno bene. Di conseguenza, il mio carattere è cambiato: sono più estroversa perché ho iniziato a credere di più in me stessa e ho ampliato la mia visione del mondo, abbattendo tutti i pregiudizi. In questo modo, sono riuscita a fare amicizia con moltissimi ragazzi, anche al di fuori della scuola, con i quali tutt'ora sono rimasta in contatto.
Com’è stato il tuo rientro in Italia?
Alcuni giorni dopo il mio rientro in Italia, mi sono sentita fuori posto come se fossi una straniera, sia con gli amici sia in famiglia. Dovevo riadattarmi al sistema scolastico, allo sport, al cibo, al clima di prima e non è stato affatto semplice. Ad esempio, appena sono tornata in Italia, ho riscontrato un po' di difficoltà nel seguire le lezioni dei professori, che in generale sono lezioni frontali, perché in Francia i corsi si basavano soprattutto su dialoghi, debates, lavori a gruppi e progetti. Dall'altro lato, però, ho riscontrato anche molte esperienze positive sia nell'ambito scolastico, in cui sono più aperta al dialogo con i compagni e i professori, sia in famiglia, dove sto costruendo un clima stupendo con i miei genitori e i miei fratelli. Inoltre, sto riallacciando i rapporti con persone che non sentivo da tanto tempo allargando così il mio gruppo di amici.
Cosa hai imparato sulla cultura francese?
Nel complesso, ho arricchito la mia conoscenza del francese imparando del lessico nuovo e molte espressioni dello slang del parlato, chiamato verlan (come 'ouf' per dire 'fou'=pazzo). Ho scoperto anche che in Francia la religione musulmana è molto diffusa. In generale gli adulti parlano tra di loro di cibo e i ragazzi della mia età di solito escono il venerdì e il sabato sera, invece la domenica trascorrono la giornata con la propria famiglia. Inoltre, ho imparato che la città di Évreux è come un cono rovesciato perché c'è una parte alta dove ci sono le abitazioni e le scuole, e una parte bassa dove c'è il centro con i negozi e i supermercati. Nei pressi delle scuole, si trova la medioteca, un luogo dove, non solo vengono raccolte produzioni multimediali contenute in vari supporti come videocassette, CD o DVD, ma dove molti studenti leggono libri oppure studiano materie scolastiche.
Consiglieresti quest’esperienza ai tuoi coetanei?
Consiglio vivamente agli studenti di mettersi in gioco sperimentando l'esperienza Erasmus perché è un'occasione per maturare, arricchirsi personalmente e orientarsi nei propri progetti futuri.
Ciao Sofia, raccontaci qualcosa di te e della tua esperienza in Francia.
Mi chiamo Sofia La Casa, frequento la classe 4GL e dal 4 marzo al 5 aprile ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza Erasmus che mi ha portata a Évreux, una città della Normandia, nel nord della Francia. Durante questo mese sono stata accolta dal Lycée Aristide Briand, una scuola grande, articolata e ben organizzata, dove ho potuto immergermi in una realtà scolastica diversa dalla nostra.
A seguirmi in questo percorso sono state la professoressa Silvia Rocchi, che mi ha accompagnata fin dall’inizio dell’organizzazione del progetto, la professoressa Annamaria Ghinassi, che mi ha fatto da mentore nella scuola ospitante, e la professoressa Elisa Tamburini, che ha contribuito a rendere possibile quest’esperienza.
Com’è la scuola che ti ha accolto?
Il liceo che ho frequentato durante il mio Erasmus presentava un’organizzazione differente rispetto a quella italiana: le lezioni iniziavano al mattino e si prolungavano fino al pomeriggio.
Tra una lezione e l’altra erano previste delle pause che consentivano agli studenti di spostarsi da un edificio all’altro o di riposarsi. Poiché la giornata scolastica era più lunga rispetto a quella a cui ero abituata in Italia, le ore di lezione erano intervallate da momenti di pausa che trascorrevamo in apposite aule studio oppure nel meraviglioso cortile della scuola. L’istituto era articolato in più edifici e disponeva all’esterno di un ampio campo da atletica, oltre a diverse zone in cui era possibile passeggiare liberamente. L’ambiente scolastico risultava accogliente e incentivava l’incontro e lo scambio tra studenti, anche grazie ad attività ricreative o a lezioni di tipo laboratoriale. Durante il mio periodo di studio, ho frequentato i corsi di spagnolo, francese, storia, filosofia, matematica, scienze, arti plastiche e letteratura inglese.
Hai notato differenze significative rispetto alla nostra realtà scolastica?
Diversamente da quanto avviene nelle scuole italiane, in questo contesto viene data maggiore importanza alle discipline laboratoriali, quali arte e musica. Le attività svolte spaziavano da lezioni frontali – come accadeva per il
francese o la filosofia – a progetti di gruppo in lingua spagnola (in particolare uno sul tema del bullismo, con proposte per contrastarlo e prevenirlo), dibattiti in lingua inglese su opere lette in classe (ad esempio: “Lolita” – è stata una scelta giusta pubblicarlo?), attività digitali nel laboratorio di scienze (tra cui l’analisi di “cartelle cliniche” di una coppia infertile con diagnosi e proposta di trattamento), la visione di documentari storici e molte altre esperienze formative.
Una caratteristica che ho particolarmente apprezzato – e che mi piacerebbe venisse adottata anche nella mia scuola di origine – è il fatto che siano gli studenti a cambiare aula al termine di ogni lezione: questa modalità favorisce il movimento, rompe la monotonia e stimola l’interazione tra alunni di classi diverse. Inoltre, ho trovato molto valido l’approccio pratico e coinvolgente rivolto alle arti. Tra gli aspetti meno positivi, ho trovato la durata delle giornate scolastiche talvolta eccessiva: i ritmi intensi, a cui non ero inizialmente abituata, possono risultare piuttosto stancanti.
Cosa ti ha insegnato quest’esperienza?
Questa esperienza mi ha permesso di migliorare notevolmente le mie capacità relazionali, soprattutto in contesti in cui mi sento a disagio o esposta. Ho imparato a gestire lo stress in modo più equilibrato, evitando reazioni eccessive; ho scoperto un lato di me stessa più giocoso e autoironico, che mi ha aiutata a stringere nuove amicizie e ad acquisire maggiore fiducia in me. Ritengo inoltre di aver accresciuto la mia indipendenza e il mio spirito di adattamento,
accettando con entusiasmo attività fuori dalla mia zona di comfort e affrontando ogni proposta
con curiosità e apertura. Non ho incontrato particolari difficoltà relazionali, ad eccezione dell’inizio del rapporto con la
mia corrispondente, reso inizialmente complesso da alcune differenze caratteriali e attitudinali. Tuttavia, grazie a un atteggiamento di comprensione e flessibilità, siamo riuscite a superare le difficoltà e a instaurare un legame di amicizia che spero possa proseguire nel tempo. Ho avuto il piacere di conoscere l’intera famiglia della mia corrispondente, che mi ha accolta con grande calore e mi ha aiutata notevolmente nella comprensione della lingua. Anche a scuola ho
incontrato persone molto inclusive, aperte al confronto e prive di pregiudizi. Inoltre, ho partecipato a un corso extrascolastico di boxe, durante il quale ho avuto l’opportunità di sperimentarmi in uno sport per me nuovo, conoscendo persone che mi hanno trasmesso leggerezza e allegria. Tutte le relazioni instaurate durante il mio mese in Francia mi hanno lasciato bei ricordi: ogni sorriso, ogni risata mi ha permesso di evadere dalla quotidianità e di vivere un’esperienza autentica.
Consiglieresti quest’esperienza ai tuoi coetanei?
Consiglierei senza alcun dubbio questa esperienza ad altri studenti, poiché rappresenta un’occasione preziosa di crescita sotto ogni punto di vista. In Francia ho imparato, innanzitutto, a vivere lontano da casa in un contesto completamente nuovo, e questo mi ha permesso di crescere. Ho dovuto organizzarmi in autonomia, comprendere come muovermi, adattarmi a ritmi diversi. Ho imparato a essere più indipendente, ma anche a riconoscere l’importanza di chiedere aiuto quando necessario: un equilibrio che nella mia quotidianità italiana non avevo ancora sperimentato. A livello scolastico ho capito che esistono molti modi diversi di apprendere. In Francia viene dato grande spazio alla pratica e al lavoro laboratoriale. Al di fuori dell’ambiente scolastico, ho imparato ad aprirmi agli altri, anche a chi parlava lingue differenti dalla mia: ho compreso che la comunicazione non dipende solo da parole perfette, ma anche da un sorriso, un gesto, un po’ di coraggio. Questa consapevolezza mi ha lasciato dentro un senso di fiducia e possibilità che spero di portare con me, tanto in Italia quanto in eventuali esperienze future all’estero.